Novembre 2015, sono seduto nell'aereo che sta atterrando a Tananarive.

Intravedo le luci della Capitale e rivivo la stessa scena di dieci anni prima, quando per la prima volta arrivai in Madagascar, ancora inconsapevole che quella scelta avrebbe modificato il mio modo di vivere e di pensare.

L'autista dell'albergo Medicis, scelto da Laura per la vicinanza all'aeroporto, è in attesa all'uscita con il classico cartello con il mio nome.

Pochi minuti per caricare le due ingombranti valigie, dare la mancia ai soliti improvvisati facchini che non ostante sia l'una di notte, sono ancora tanti e vispi, e finalmente si entra nelle strade notturne e poco trafficate.

L'odore, o profumo dell'aria malgascia, mai scordato, mi accoglie e si mescola all'arbre magique del taxi. Alla mattina mi affaccio sulla terrazza dell'hotel alla piazza sottostante e osservo il vero volto caotico di un incrocio della Capitale. Mi rassicuro: non è cambiato nulla.

La partenza per Mananjary è prevista per le 17. Alla stazione dei taxi-brousse, cerco l'ufficio della compagnia Kofiam, con cui abitualmente viaggio ma molti altri conducenti si intromettono per proporre il servizio vantando super sconti. Non cedo agli imbonitori, anche perché il costo è già francamente basso, tanto da acquistare due posti in previsione delle dodici ore di percorso.

Si parte al tramonto con il tetto carico all'inverosimile. Le ceste piene di tacchini trovano posto nella parte posteriore e per tutto il tempo i pennuti faranno cadere strisciate di guano sui vetri, apportando una buffa mutazione alle previsioni meteo di siccità sia per quantità che per qualità delle precipitazioni.

Arrivo a Mananjary alle 5, albeggia e sono già in molti per strada con le merci in equilibrio sul capo. Un pousse-pousse mi porta le valigie e io lo seguo a piedi. Mentre cammino, una macchinetta gialla di vetroresina, costruita in Madagascar, mi affianca: è l'autista di Tsara Zaza! Trasbordo i bagagli e in pochi minuti raggiungiamo il cancello della casa dei bambini.

Sono passati già cinque anni dalla mia ultima visita. Mi accolgono calorosamente in tanti, primo fra tutti Arsene, il direttore, insediato tre anni prima. E' una persona dal volto buono, sempre sorridente e il suo modo garbato e riflessivo di parlare mi rende subito suo amico.

Mi sembra di essere tornato a casa mia dopo un lungo viaggio.

Assaporo ogni sguardo, ogni abbraccio, ogni stretta di mano dei bambini di allora, oggi ragazzi ben cresciuti.

Il calore dell'accoglienza mi fa comprendere che il legame instaurato tra noi vada ben oltre il tempo che trascorre.

Penso ai miei amici, rimasti in Italia a causa dell'incidente occorso a Giangi. Sono arrivato da solo, con il massimo del peso consentito dalla air France ai miei bagagli e mi sembra di portare poco materiale per i bambini, la classica goccia nell'oceano.

Ma ho portato tutto l'entusiasmo mio e di chi, per questa volta ha dovuto rinunciare al viaggio. Mi sento carico di energia e pronto a dare il mio piccolo contributo.

Dal primo giorno ho iniziato il lavoro di laboratorio galenico, essendo farmacista. Ho trasformato in laboratorio il locale destinato alle degenze temporanee. Due tavoli, una luminosa finestra, e il materiale farmaceutico sono sufficienti per iniziare una produzione di farmaci destinati a Tsara Zaza e al dispensario di Ambohitsara, distante una cinquantina di km.

Antiinfiammatori, antibiotici, vitamine, antimicotici, antipiretici, antivirali, antitosse.

Calcolo che si possa avere un'autonomia terapeutica di circa 5 mesi.

Ho scritto che ero solo, ma in realtà non ho mai trascorso un'ora in solitudine, essendo sempre circondato dall'affetto dei ragazzi.

Erano assai incuriositi, mentre osservavano in silenzio le operazioni di fabbricazione dei farmaci. Chissà, forse sognavano di essere loro stessi un giorno in grado di prendere il mio posto. Glielo auguro di cuore!

Le giornate sono trascorse veloci, ritmate dal ciclo solare, non dall'orologio.

Ho alternato le ore di lavoro alla visita ai bimbi più piccoli, non ancora in età scolare, sempre accuditi dalle tante tate.

Ho ottenuto e dato il pieno di coccole e affetto che questi bimbi, nati sfortunati ma oggi protetti, ricevono ed elargiscono a chiunque si rechi da loro.

Penso sempre di ringraziare le tante famiglie italiane che hanno accettato di contribuire economicamente alla loro crescita e al loro futuro.

Inoltre ho partecipato a visite guidate condotte da Arsene e dai contadini all'adiacente magnifico orto-giardino-fattoria.

Il complesso ha una potenzialità produttiva tale da consentire l'autosufficienza alimentare, per carne e uova, oltre che per frutta e verdura.

Inoltre sono presenti molte piante di vaniglia, che cresce rigogliosa. Una volta trattata, viene importata dai volontari in Italia per la gioia di chi apprezza questo meraviglioso frutto.

Arriva il giorno della partenza, e come sempre il cuore soffre, ma si pensa già alla volta successiva.

Si chiude solo un'altra puntata della storia di Tsara Zaza. Sia io che loro, conserveremo un filo che ci unisce a migliaia di chilometri.

La prossima puntata sarà ancora più ricca: in aprile, oltre a due delle figure storiche della Associazione, Laura e Vilma, saranno presenti, con me e l'amica Anna, anche i miei due figli, Lorenzo e Margherita con il suo fidanzato. I tre ragazzi, meno di settanta anni in tre, porteranno sicuramente il loro spirito esuberante a vantaggio della casa, ma soprattutto riceveranno quella gratificazione che solo un gesto di gratuità e di altruismo può donare.

A presto!                                    Enrico Luoni  (Novara)